Sulle orme di Caravaggio nei Feudi Colonna

Memorie culturali. Momenti della vita e opere che hanno segnato la fuga da Roma di Michelangelo Merisi, detto Caravaggio, attraverso i feudi appartenenti alla nobile famiglia Colonna.

Articolo redatto da Federica Bertini e Eliana Monaca

Una mostra riporta Caravaggio nelle stanze del palazzo Rospigliosi di Zagarolo

Cosa ci fanno insieme Raffaello Sanzio, Antonio Allegri detto Correggio e Michelangelo Merisi detto Caravaggio? Si sono chiesti i visitatori della mostra di quadri tattili “Raffaello, Correggio, Caravaggio: Un’esperienza Tattile. Sulle Orme di Scannelli” ospitata presso il Palazzo Rospigliosi di Zagarolo (18 novembre – 19 dicembre 2016).

La spiegazione va ricercata nel Microcosmo della pittura, edito nel 1657, che racconta il viaggio di Francesco Scannelli alla scoperta dei capolavori del nostro Paese. Un testo ritenuto di fondamentale importanza per ripercorrere la storia della pittura italiana dal XVI al XVII secolo e che le opere in mostra, attraverso uno specifico impianto narrativo e contenuti di approfondimento storico-artistico, hanno saputo restituire.

Così, nel 2016, nel palazzo di Zagarolo, veniva ideato un preciso progetto espositivo, articolato in tre sale (quelle del secondo piano e collocate nell’ala ovest), suddivise secondo specifiche tappe tematiche per assicurare anche il superamento delle barriere sensoriali. L’ideazione del progetto didattico-espositivo è stato concepito per favorire una fruizione plurisensoriale, creando uno scambio sinestetico tra la vista e il tatto. Un unico percorso di visita rivolto a un pubblico ampio ed eterogeneo, volto a garantire il superamento sia delle barriere culturali che di quelle sensoriali. Il palazzo non ha svolto solamente la funzione di contenitore, ma è diventato spazio di scambio dove i visitatori hanno avuto la possibilità di apprenderne le evoluzioni storiche, architettoniche e decorative attraverso un’esperienza multisensoriale e immersiva.

Tra gli obiettivi della mostra vi era infatti quello di  valorizzare il Palazzo Rospigliosi di Zagarolo come memoria culturale da restituire ai cittadini stessi e da far conoscere ai ‘non residenti’. Allo stesso modo, proprio la previsione nel percorso espositivo di specifici riferimenti a Michelangelo Merisi (1571-1606), detto Caravaggio, noto pittore lombardo che si trasferiva a Roma nell’anno 1592 e su cui molto si conosce e molto rimane ancora da scoprire, aveva lo scopo di svelare alcuni episodi della vita di questo artista in relazione ai rapporti da lui intrapresi con alcuni dei rappresentanti della famiglia Colonna (leggi l’articolo “Nel segno della famiglia Colonna”)

Attraverso le parole tratte dalle fonti storiche e letterarie, il nostro breve articolo accompagnerà il lettore alla scoperta di questa storia. Ad essere affrontato sarà soprattutto il soggiorno di Caravaggio nei feudi Colonna, durante il quale egli, nonostante fosse in fuga, aveva continuato a dipingere alcuni dei suoi capolavori.

cena in emmaus di caravaggioCaravaggio, Cena in Emmaus, 1606, 141×175 cm, Pinacoteca di Brera, Milano.

Caravaggio, le prime commissioni romane.

Dopo essere entrato nella bottega di Giuseppe Cesari, meglio noto come il Cavalier d’Arpino (alla cui cerchia si attribuiscono gli affreschi di diversi palazzi nobiliari, tra cui quello di Zagarolo, il palazzo dei Conti a Poli o ancora alcune delle ville tuscolane, tra cui la meno nota Villa Sora), il giovanissimo pittore veniva introdotto nella cerchia di importanti mecenati ottenendo la protezione del cardinale Aldobrandini prima e Del Monte poi.

Alla committenza privata si aggiungevano così importanti incarichi di opere destinate alla ‘pubblica vista’. La prima considerazione sulla valenza «pubblica» e dunque popolare dell’arte di Caravaggio, si deve al medico e intendente d’arte Francesco Scannelli (1616-1663) e al suo Microcosmo della pittura (1657). Le opere del Merisi erano infatti esposte quasi tutte alla «pubblica vista», ovvero «alla vista» di ogni passeggero.

E proprio per la collocazione di alcune di queste opere, visibili nelle chiese romane di San Luigi dei Francesi, Santa Maria in Vallicella e Santa Maria del Popolo, Scannelli aveva avuto l’occasione di osservarle e di scriverne durante il suo viaggio per i maggiori centri artistici dell’Italia.

Le tre pale esposte nella chiesa di San Luigi dei Francesi a Roma – la Vocazione e il Martirio di San Matteo e il San Matteo e l’Angelo – rappresentano le prime grandi commissioni pubbliche affidate a Caravaggio nel 1559 dalla Congregazione di San Luigi dei Francesi. 

Nella chiesa di Santa Maria del Popolo, nella cappella Cerasi, è possibile ammirare la Crocifissione di San Pietro e la Conversione di San Paolo, commissionate nel 1600.  Si tratta di un momento decisivo per l’affermazione del Merisi. Nella chiesa egli si trovava a confrontarsi con il grande Annibale Carracci, a cui era stata commissionata l’Assunta per l’altare della stessa cappella: cosicché, ancora oggi, nello stesso luogo è possibile ammirare le due facce del Seicento, il classicismo carraccesco e il naturalismo caravaggesco.

La fama accresceva e all’artista venivano commissionate anche altri due grandi quadri pubblici: Madonna dei Palafranieri (Roma, Galleria Borghese) e la Madonna dei Pellegrini, tutt’ora esposta presso l’altare della chiesa di Sant’Agostino a Roma.

Nonostante le importanti commissioni, l’artista non era riuscito a rimanere lontano dai guai.  Karel Van Mander, pittore e scrittore d’arte olandese, autore dell’opera letteraria, intitolata Het schilder-boeck (1604), ovvero Il libro dei pittori, ritraeva un Caravaggio dal carattere burrascoso: “Quando ha lavorato un paio di settimane se ne va a spasso per un mese o due, con la spada al fianco e un servo dietro di sé, e gira da un gioco di palla all’altro, sempre pronto ad attaccare briga e ad azzuffarsi, tanto che è raro che lo si possa frequentare“.

I guai con la legge

I primi guai con la legge sembrano risalire già al 3 maggio 1598, quando il pittore veniva arrestato per essersi aggirato armato tra piazza Madama e piazza Navona a Roma nonostante il divieto di portare armi; durante il suo soggiorno presso Palazzo Madama, nel novembre del 1600, seguiva una querela da parte di Girolamo Stampa da Montepulciano, per averlo percosso con bastone e nel 1601 feriva tale Flavio Canonico, sergente di custodia a Castel Sant’Angelo.

Se inizialmente si trattò di episodi sporadici, in seguito risse e atti di violenza divennero sempre più frequenti.

Il 28 maggio 1606. La fuga da Roma per intercessione della famiglia Colonna.

Sera del 28 maggio 1606. Ranuccio Tomassoni trovava la morte in Campo Marzio per mano del Merisi, a seguito di un litigio nato durante una partita al gioco della pallacorda, tra il gruppo capeggiato da Ranuccio e quello composto da Caravaggio, con a seguito l’architetto Onorio Longhi, il pittore Mario Minotti e un certo Antonio da Bologna. Il Merisi rimaneva ferito e veniva costretto ad allontanarsi da Roma in gran fretta.

Da quel momento in poi la vita dell’artista veniva segnata definitivamente. Iniziava una fuga durata tre anni, che lo condusse alla morte nel 1610. La sera dell’omicidio erano stati i Colonna, per intercessione di Costanza, a fornire protezione al pittore, prima presso il Palazzo Firenze, poi in quello SS. Apostoli, e infine nei territori dei feudi di proprietà della stessa famiglia.

La famiglia Colonna, e soprattutto Costanza, figlia di Marcantonio II, principe di Paliano, generale di Santa Chiesa, al comando della squadra navale pontificia durante la Battaglia di Lepanto (1571), aveva dimostrato il proprio favore nei riguardi di Caravaggio in diverse occasioni della vita. Le motivazioni vanno ricercate nel luogo di origine del pittore che, nato a Milano nel 1571, ben presto si trasferiva a Caravaggio, vicino Bergamo.

La famiglia di Fermo Merisi, padre di Michelangelo, e quella di Francesco Sforza, marito di Costanza, dovevano essere legate da profondi rapporti di amicizia, poiché Fermo, che lavorava come sovrintendente alla manutenzione degli edifici privati per conto del marchese, veniva scelto dallo Sforza come suo testimone di seconde nozze. Michelangelo, nato probabilmente il 29 settembre del 1571, ricorrenza del San Michele Arcangelo simbolo della vittoria cristiana sui Turchi, dovette rimanere nel cuore della marchesa.

Diverse fonti testimoniano che l’artista, la sera del maggio 1606 si fosse dapprima recato, lungo la direttrice della via Prenestina, a Zagarolo. Successivamente egli avrebbe proseguito verso Palestrina per poi trasferirsi a Paliano. Dopo esservi rimasto tre mesi raggiungeva Napoli – già il 6 ottobre del 1606 – grazie ai rapporti di amicizia tra la famiglia Colonna e quella napoletana dei Carafa.

Al tempo della fuga di Caravaggio, nel 1606, Marzio Colonna, duca di Zagarolo e principe di Gallicano, figlio di Orinzia e di Pompeo Colonna (braccio destro di Marcantonio II e emissario di suo cugino nel corso dello scontro navale  a Lepanto) era stato nominato tutore, insieme al cardinale Peretti di Montalto del giovanissimo cugino Marcantonio IV Colonna a capo del casato palianese tra il 1595 e il 1611, detto ‘il Connestabilino’ per la morte prematura avvenuta all’età di soli sedici anni.

I rapporti tra i due rami della famiglia Colonna dovevano essere molto stretti e sembra dunque lecito pensare che Caravaggio avesse potuto trovare riparo, sia pure per poco tempo, nella cittadina di Zagarolo, poi presso il principato di Francesco Colonna a Palestrina, e infine a Paliano.

Inoltre, è importante ricordare che nel Regno di Napoli proprio Marzio Colonna svolgeva mansioni governative e il dominio della sua famiglia andava al di là dei confini dei territori pontifici. Come riferisce lo storico Paolo Periati, «da Zagarolo a Gallicano, i feudi appartenenti alla famiglia si estendevano a macchia attraverso la Valle del Sacco e i Monti Prenestini fino al Cicolano e all’Aquilano, con particolare densità in Abruzzo Ultra, propaggine settentrionale del Regno di Napoli».

maria maddalena in estasi di caravaggioCaravaggio, Maria Maddalena in estasi, detta “Maddalena Klain”, 1606, 106,5×91 cm, Collezione privata, Roma.

Tra Zagarolo, Palestrina e Paliano. Parola alle fonti

Le notizie dei biografi contemporanei, unita all’assenza di documenti specifici, suscitano non poche ombre su questo breve soggiorno. Il medico collezionista Giulio Mancini (1559-1630) che, nelle sue Considerazioni – composte in più fasi tra il 1617 e il 1628, ma pubblicate solo tra il 1956 e il 1957 da Adriana Marucchi – scriveva del Caravaggio e lo ricordava ospite a Zagarolo, presso la residenza del duca Marzio Colonna: «e di primo salto fu in Zagarola, ivi trattenuto secretamente da quel Prencipe che molto bene lo conosceva». Egli scriveva poi che l’artista aveva dipinto «una Maddalena e Cristo che va in Emmaus che lo comprò in Roma il Costa».

Il pittore Giovanni Baglione, nelle sue Vite del 1642, scriveva invece che il Caravaggio, all’indomani dell’uccisione del Tomassoni «per certa differenza di giuoco di palla a corda», «fuggitosene» da Roma e «andossene a Pallestrina», dipingeva una «Maria Maddalena».

Giovan Pietro Bellori (1613-1696), nel riprendere le notizie del Mancini, ne Le Vite del 1672, ricordava che il Merisi, «fuggitosene a Roma, senza denari e perseguitato ricoverò in Zagarolonella benevolenza del duca don Marzio Colonna», e qui aveva dipinto «il quadro di Cristo in Emmaus fra li due apostoli ed un’altra mezza figura di Maddalena», avviandosi subito dopo verso Napoli.

Secondo alcuni studi, la Maddalena ricordata dai tre biografi, è identificabile con quella già Klain e oggi conservata a Roma, presso una collezione privata di provenienza dai Carafa-Colonna di Napoli.

Inoltre la Cena in Emmaus è identificata con quella conservata presso la Pinacoteca di Brera di Milano, da non confondersi con quella della National Gallery di Londra. Oltre alle opere citate dalle fonti, e riconducibili allo stesso periodo, lo storico dell’arte Roberto Longhi aggiungeva alle opere del periodo trascorso nei feudi Colonna anche il San Francesco in meditazione (130 x 90 cm), oggi conservato presso la Pinacoteca civica di Cremona.

La lettera scritta da Fabio Masetti, ambasciatore del duca di Modena a Roma, il 23 settembre del 1606, nel comunicare al segretario del duca di Modena Cesare d’Este, Giovan Battista Laderchi, la possibilità di ottenere indietro l’anticipo di trentadue scudi consegnato al pittore per una pala probabilmente mai eseguita, testimoniava che Caravaggio, dopo le soste a Zagarolo e a Palestrina, aveva trovato rifugio a Paliano in attesa del perdono: «commesse il Caravaggio l’omicidio già scritto et si trattiene in Pagliano con dissegno di dover esser presto rimesso».

Qui Caravaggio veniva ospitato per tre mesi nella fortezza che domina ancora oggi dall’alto il paese, insieme a un importante contingente delle truppe colonnesi.

Non ci è dunque dato con certezza di sapere quanto tempo Caravaggio abbia potuto soggiornare a Zagarolo e Palestrina, per tale motivo non possiamo neppure dire con certezza, per assenza di documentazione, se davvero la Cena in Emmaus (141×175 cm) sia stata conclusa a Zagarolo e la Maddalena (1606 x 91 cm ca.) a Palestrina,  sicuramente il Merisi dovette riconoscere l’aiuto dei Colonna e ricompensarli con quello che sapeva fare meglio, dipingere.

Napoli.

Il 6 ottobre Caravaggio doveva essere già a Napoli: il pagamento emesso dal Banco di Sant’Egidio di Napoli a nome del mercante di Ragusa, Nicolò Radolovich, per una pala con la Madonna e il Bambino commissionatagli, sembra rappresentare infatti la prima testimonianza della presenza nella città dell’artista. Proprio la famiglia Carafa-Colonna di Napoli, da cui proveniva la citata Maddalena Klain, ed in particolare Luigi Carafa-Colonna, figlio di Giovanna Colonna, avrebbe ospitato il pittore durante il soggiorno napoletano.

Grazie al ruolo di spicco dei Carafa-Colonna, Caravaggio dipingeva a Napoli diverse opere, tra le più famose ricordiamo la Madonna del Rosario (Vienna, Kunsthistorisches Museum), presumibilmente commissionata dalla stessa famiglia per essere collocata nella cappella di famiglia nella chiesa dei domenicani. Presso il Museo di Capodimonte è conservata poi la Flagellazione di Cristo, dipinta dal pittore e probabilmente destinata alla cappella della famiglia de Franchis nella Chiesa di San Domenico Maggiore a Napoli.

La grande tela raffigurante le Sette opere di Misericordia, commissionata a Caravaggio dalla Congregazione e pagata nel 1607, destinata all’altare maggiore, è invece oggi conservata presso il Pio Monte della Misericordia. I toni dei suoi dipinti si facevano sempre più scuri, ravvivati soltanto da drammatici bagliori di luce sui volti di personaggi sempre più dolenti.

san francesco in meditazione di caravaggioCaravaggio, San Francesco in meditazione, 1605-1606, 130×90 cm, Museo civico Ala Ponzone, Cremona.

Malta

Nel luglio del 1607 Caravaggio giungeva a Malta dove, a un anno di distanza, otteneva il titolo di “Cavaliere di Grazia”. Per il Gran Maestro dell’Ordine dei Cavalieri di San Giovanni, Alof de Wignacourt, eseguiva un Ritratto (Parigi, Musée du Louvre) e tra le opere più note del periodo la pala conservata ancora oggi nella Cattedrale della Valletta, con la Decollazione di San Giovanni Battista, che rappresenta il maggiore dei suoi quadri per dimensioni.

Il 18 agosto del 1608, dopo una rissa, veniva rinchiuso nel carcere di Sant’Angelo, da cui il 6 ottobre riusciva a evadere, forse con l’aiuto di Fabrizio Colonna, generale delle galere di Malta. Il primo approdo avveniva in Sicilia, nella città di Siracusa. Qui, per la Chiesa di Santa Lucia, dipingeva la pala d’altare con il Seppellimento di Santa Lucia. Raggiunta poi Messina, realizzava la Resurrezione di Lazzaro (Messina, Museo Regionale) e l’Adorazione dei Pastori (Messina, Museo Regionale).

Sul finire dell’estate del 1609 si recava a Palermo per poi proseguire ancora verso Napoli, dove rimaneva dall’ottobre del 1609 fino al luglio del 1610. Dopo aver affrontato il lungo viaggio di ritorno verso Roma, Caravaggio moriva affaticato e malato di febbre alta sulla spiaggia di Porto Ercole.


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